Per il secondo episodio di Metamorfosi siamo andati da Gogol & Company, avamposto culturale dove letteratura, arti visive e buon cibo si incontrano in un’atmosfera aperta alla condivisione e alla socialità. Ad accoglierci Danilo, tra gli ideatori e fondatori dello spazio.
Allora Danilo, innanzitutto parlami un po’ della nascita di Gogol & Company e della vostra filosofia
Gogol nasce sulle panchine di un parco, dalla voglia di un gruppo di ragazzi di mettersi in gioco e di creare un presidio sociale che potesse configurarsi come luogo di incontro e diffusione di cultura indipendente. Abbiamo aperto nel 2011, anno simbolico per il settore dell’editoria in quanto Borders, una delle più grande catene di librerie statunitensi, fallì, aprendo un dibattito sulle nuove modalità di gestione del settore, con gli e-book che avanzavano e i libri cartacei che accusavano stoicamente il colpo. Anche noi cominciammo a chiederci quale fosse il senso della letteratura, arrivando alla conclusione che tutto quello che volevamo davvero fare era aprire un posto dove le nostre passioni, la lettura e l’enogastronomia, potessero incontrarsi, e dove gli appassionati come noi potessero riconoscersi.
Quali sono quindi i fattori e i valori che hanno fatto e ancora oggi fanno parte della vostra identità?
Posso dirti che quando aprimmo eravamo dei ragazzi assetati di cultura e buon cibo. Non sapevamo certo se unire queste due cose fosse una buona idea, ma era quello che volevamo fare e così ci buttammo in quest’avventura. Dico “buttammo” perché eravamo un po’ degli sprovveduti, dediti alla lettura, ma piuttosto ignoranti per quanto riguarda la gestione economica di uno spazio e di una cucina. Non avevamo idea di cosa fosse uno chef, per dirti, ma tutto questo non era importante: avevamo all’incirca ventisette anni, e un’energia che non poteva essere soffocata. Certo, tantissime cose le abbiamo imparate strada facendo, circondandoci di gente esperta in imprenditorialità, e seguendo i loro consigli siamo riusciti a proseguire questo viaggio sì folle, ma assolutamente stimolante.
Quello che all’inizio ci distingueva era sicuramente il fatto di sbattercene di tante regole codificate in merito all’approccio al pubblico. Chiunque poteva venire qua, prendere un libro, leggerselo o semplicemente riposarsi qualche minuto e non consumare né acquistare nulla: era comunque il benvenuto. La domenica organizzavamo dei pranzi dove univamo i tavoli del locale e tutti insieme mangiavamo i passatelli fatti in casa: tu cliente potevi scegliere se unirti al nostro tavolo e condividere quest’esperienza meravigliosa, o consumare il tuo pasto in solitaria. Anche del modo di vestirci ce ne sbattevamo, eravamo contro le mode e le etichette. Poi col tempo le cose sono cambiate, abbiamo cominciato a curare di più la nostra immagine e l’estetica del posto, ma in un momento in cui in giro si parlava già di noi, e la maggior parte della clientela veniva qua proprio perché si rispecchiava nel nostro modo di essere, nel nostro approccio alla cultura. In altre parole, non ci siamo mai conformati alle richieste del pubblico, è stato il pubblico stesso a identificarsi in quello che facevamo, nei nostri valori e in come li trasmettevamo, considerandoci quasi una seconda famiglia dove potersi rifugiare.
Ho visto che organizzate tante attività, dagli incontri letterari a mostre fotografiche. In base a quali criteri scegliete ospiti e artisti?
Siamo molto felici di ospitare questi tipi di format, e ti dirò, inizialmente non li avevamo previsti fino a quando, parlando in giro con amici e conoscenti, non ho ricevuto l’illuminazione da Paolo Cognetti – Premio Strega 2017, ndr -, che è stato per noi un caso di crescita straordinaria. Dieci anni fa lui era uno scrittore piuttosto conosciuto, io un libraio assolutamente inutile e sconosciuto. In questo percorso siamo stati molto vicini, qui ha trovato una casa. È stato lui a propormi i progetti di scrittura creativa, cambiando di fatto le sorti dello spazio. Ma non solo, mi propose anche la creazione di un ciclo di incontri sull’arte del racconto breve, dove avremmo invitato giovani scrittori italiani ad adottare un putativo “nonno” della letteratura che li aveva ispirati e che si sentivano di raccontare al pubblico. Tutta la comunità di Gogol era incuriosita da questa attività e non solo, anche uffici stampa, editori e altri scrittori assistevano a questo spettacolo che definirei magico.
Oggi questi elementi sono un nostro marchio di fabbrica, così come le esposizioni legate alle arti visive.
Per quanto riguarda i criteri di scelta, posso dirti che è sempre stata nostra prerogativa affidarci al nostro gusto personale, chiamando persone in cui noi credevamo fermamente e fortemente. Stessa cosa per le mostre fotografiche. Da questo lato ci ha dato una grandissima mano Tosca, che lavora da vent’anni nel mondo della visual art. Le abbiamo lasciato carta bianca sulla selezione di quali artisti promuovere ed esporre qua dentro, e non ci siamo mai pentiti una sola volta.
Insomma, ancora oggi facciamo quello che vogliamo, esponiamo ciò che ci piace, ciò in cui crediamo e che ci parla a livello artistico ed estetico, in un approccio fatto di cuore, istinto e attitudine “punk”.
Non deve essere stato facile, soprattutto con l’attuale velocità di diffusione di nuove culture e sottoculture nell’universo digitale
Infatti non lo è stato, e non posso certo dirti che abbiamo sempre avuto tutto sotto controllo, né che avevamo previsto un così forte interesse da parte del pubblico. Quello che posso e che anzi ci tengo a dirti è che senza uno studio e un approfondimento culturale continuativo non saremmo andati da nessuna parte. Bisogna studiare, bisogna approfondire. Su questo, anche se “punkettoni” nell’animo non ci siamo mai lasciati fregare. È molto semplice, o una cosa la sai, o non la sai e non spari sentenze in merito. Un certo gusto necessita studio, passione, approfondimento, arricchimento continuo e su questo non abbiamo mai avuto dubbi. Ancora oggi incontro persone che mi chiedono “ma come fai a trovare anche il tempo di leggere?”. Io rimango allibito, perché penso che sia impensabile portare avanti un’attività del genere, uno spazio che vuole essere presidio sociale e culturale, senza continuare a studiare, ad approfondire, a scavare a fondo nelle proprie passioni. Piuttosto dormo di meno, ma leggo. Piuttosto non vado in vacanza ma il tempo per dedicarmi al mio mondo lo trovo, e come me tutti quelli che lavorano qua dentro.
E riguardo alla musica cosa puoi dirmi invece?
Guarda, ci sono tantissime band che vorrei venissero a suonare qua, una su tutte i Verdena, band che stimo moltissimo, ma al momento ci sono diverse criticità in merito. Per adesso ci siamo limitati a serate di intrattenimento, invitando ragazzi della Scuola Civica. Anno scorso avevamo questo format “Jazz and Beer”, o “Jazz and Wine”, dove invitavamo aziende di birra o vino con particolari storie sui loro prodotti, sul loro modo di intendere l’artigianalità. Per due ore si faceva una mescita eccezionale di un’etichetta che sarebbe uscita di lì a poco, e a raccontarla era lo stesso mastro birraio o produttore artigiano. Allo stesso tempo un ragazzo della Scuola Civica suonava il suo strumento per intrattenere questo momento di degustazione e convivio. In questo senso penso che la Scuola Civica sia un interlocutore giusto da più punti di vista: da un lato perché educa gli studenti alla professionalità, dall’altro perché trovo estremamente bello e stimolante che un venticinquenne della Scuola Civica suoni a un venticinquenne che sta studiando qui dentro, o lavorando, o semplicemente bivaccando. Infine c’è anche da considerare l’aspetto economico dell’iniziativa, e al momento Gogol non può permettersi grandi cachet. Ma senza dover scomodare grandi nomi, posso dirti che da noi può venire a suonare chiunque di sua iniziativa. È successo più volte che al nostro bancone si presentassero musicisti muniti del loro CD rigorosamente autoprodotto chiedendoci di potersi esibire un pomeriggio o una sera: non abbiamo mai rifiutato perché, come ti dicevo prima, Gogol è un luogo che diffonde cultura, di certo non la limita.
Ho visto sul vostro sito che state organizzando dei pitch date: di cosa si tratta precisamente?
Dentro c’è Michele Vaccari che non è solo uno scrittore straordinario, ma uno dei più grandi direttori editoriali italiani. Ad affiancarlo c’è Daniele, potentissimo agente letterario, e insieme si mettono a disposizione per poter far fare a chi partecipa quello che è un lavoro sempre più richiesto, lo scrittore. Gli incontri consistono nel far leggere ai partecipanti una piccola bozza delle loro opere, ponendole all’attenzione di Michele e Daniele, che in base alla loro esperienza e al loro gusto personale ne valutano qualità artistica e vendibilità. Loro si domandano “l’estratto che ho appena ascoltato ha del potenziale? Potrebbe vendere?”. Questo tipo di incontri prosegue fino a che non si ritrovano in mano uno o più manoscritti che poi presenteranno alle case editrici con cui sono in contatto. Loro sono divertenti, non hanno un approccio accademico ma molto scanzonato, e sono pronti ad accogliere qualunque tipo di scrittura e di stile letterario. È il primo anno che organizziamo questo tipo di attività, quindi per adesso non posso dirti che Michele e Daniele sono arrivati dicendomi “abbiamo scoperto questo scrittore potentissimo dal tuo pitch date, fra poco lo pubblichiamo e lo presentiamo da te”, anche se devo ammettere, e non potrei fare altrimenti, che se tutto ciò accadesse ne sarei veramente orgoglioso. Il progetto è ancora in corso, vedremo cosa ne nascerà, ma posso dirti che da quello che ho sentito finora sono molto fiducioso a riguardo, nonché curiosissimo di vedere quello che succederà nei prossimi mesi.
Danilo, è stato un vero piacere conoscerti e fare due chiacchiere con te, spero di rivederti presto!
Figurati, ha fatto piacerissimo anche a me! Quando vuoi passare di qua per due chiacchiere o altro, sei sempre il benvenuto.